“Ho deciso, si parte!”

Cosa mancava alla tua vita professionale quando hai deciso scegliere formazione EFT? Quale è stata la leva che ti ha spinto a iscriverti a uno dei nostri corsi?

Sono sempre stata attratta dalle dinamiche delle relazioni di coppia; per tale ragione, la mia tesi di specializzazione in psicoterapia umanistica integrata si è basata sul racconto di un caso di una coppia che avevo seguito nel tempo, da lì la mia tesi è diventata un libro destinato ai professionisti del settore dal titolo “Consulenza di Coppia. Superare le crisi transitorie verso il rinnovamento con metodologie sistemiche e strategiche” (Armando Editore, Roma 2019).

Nonostante il grande lavoro di studio, di ricerca e di supervisione professionale, sentivo che nel mio modo di accogliere e lavorare con le coppie mancava qualcosa e questo qualcosa era capire come utilizzare al meglio le emozioni dei partner per agevolarli a ri-creare connessione tra di loro, ingrediente fondamentale per una relazione soddisfacente e duratura.

Per cercare di aiutare le coppie a raggiungere questo importante e difficile obiettivo, ho letto diversi libri afferenti al modello della terapia di coppia focalizzata sulle emozioni. Più leggevo e più mi incuriosivo. Più mi incuriosivo e più, a qualche livello, rimanevo confusa.

Apprendere dai libri della dr.ssa Sue Johnson, fondatrice del modello, che è possibile ri-considerare nell’ambito dei conflitti coniugali come vero nemico della coppia,  non il partner con i suoi comportamenti difficili da accettare (basati o sull’aggressività verbale o sull’evitamento), bensì il ciclo comunicativo negativo, ovvero il tipo di comunicazione che i partner creano tra di loro (inseguitore-ritirato)…Leggere che per il terapeuta, uno degli strumenti principali per agevolare la coppia a risintonizzarsi sulle proprie emozioni e sui propri bisogni è possedere il linguaggio dell’attaccamento, mi ha inizialmente destabilizzata….

Ma come, tutto qui? 

Utilizzare il linguaggio dell’attaccamento in seduta con le coppie che litigano continuamente e che non hanno più intimità fisica ed emotiva?  

Agevolare le coppie a prendere consapevolezza dei loro cicli comunicativi disfunzionali? 

Aiutare le coppie a creare nuove conversazioni tra di loro, più sane e soddisfacenti, basate su un ascolto autentico e su una comprensione reciproca? 

Potenziare le abilità interpersonali dei partner per incrementare la capacità di essere accessibili l’uno per l’altra (sapersi ascoltare), di essere responsivi (saper rispondere in maniera adeguata ai bisogni reciproci) e emotivamente impegnati…

Sembrava un gioco da ragazzi… in realtà era tutto tranne che semplice!

Così decisi nel 2019, anno del mio matrimonio, di iniziare la mia formazione in EFT frequentando l’Externship prima e il Core Skills dopo (nel 2020). 

“La notte prima di partire”

Cosa ti aspettavi dal corso? Come ti sei avvicinata all’incontro? Con quali pensieri e emozioni? Insomma, come hai dormito “la notte prima?”

La notte prima di iniziare l’Externship a Roma nell’Ottobre 2019, ero molto emozionata e desiderosa di capire cosa fosse il tanto citato “Tango”, la danza con cui le coppie possono imparare a risintonizzarsi e a ri-trovarsi.

Non vedevo l’ora di conoscere nuove colleghe e colleghi, avere scambi, confronti, sperimentarmi nelle esercitazioni e nelle simulazioni. Nello stesso tempo, ero anche spaventata, sentivo che mi stavo immergendo in una nuova esperienza, un nuovo mondo, un modello al contempo semplice e complesso, aspetti su cui ancora oggi la mia formazione è“work in progress” e che aiuta a considerare le vulnerabilità degli esseri umani non un punto di debolezza di cui vergognarsi, bensì un punto di forza da manifestare, da condividere con l’altro e in grado di creare contatti più autentici e profondi.

Inutile dire come tutto questo mi riportava a pensare a me, alle mie vulnerabilità personali e relazionali.

“Un incontro inaspettato”

Ciò che mi ha colpito più di tutto è la semplicità e al contempo la complessità del modello. 

Quando parlo di semplicità mi riferisco alla straordinaria semplicitàcon cui i miei formatori, a cominciare dal dott. Andrea Pagani e dalla dr.ssa Giulia Altera, fino ad arrivare al dott. Lieven Migerode e a tutti gli altri professionisti EFTers che ho conosciuto negli anni, parlavano del linguaggio dell’attaccamento come strumento da acquisire per i terapeuti EFT come condicio sine qua non per agevolare i partner a ri-connettersi. Semplicità non significa banalità. Il linguaggio dell’attaccamento tra caregiver-bambino/a è semplice perché si fonda sull’ascolto dei due bisogni fondamentali dell’essere umano: appartenere e essere libero.

Attraverso il linguaggio dell’attaccamento il caregiver si prende cura del bambino soddisfacendo i suoi bisogni di essere visto, di essere riconosciuto, di sentirsi al sicuro e protetto, di essere gratificato e aiutato a diventare autonomo. Anche nelle coppie il legame di attaccamento si ripete con queste dinamiche.

Quando una coppia perde connessione, un efficace aiuto consiste nell’aiutarli a ri-acquisire il linguaggio dell’attaccamento e il terapeuta EFT funge da specchio per i partner: egli usa tale linguaggio affinché nel tempo, esso possa essere non solo compreso cognitivamente dai partner ma anche integrato emotivamente e messo in pratica.

Raggiungere quest’ultimo obiettivo, ritengo sia una delle parti più complesse di questo modello che necessità di molta formazione, di molta sperimentazione, di supervisione costante e di molta passione, impegno e umiltà da parte di qualsiasi professionista che intenda acquisirlo.

“Ciò che resta del viaggio”

In cosa ti ha cambiato questa esperienza? Cosa sta portando in più nel tuo lavoro?

Posso dire che il mio stile di conduzione nell’ambito del setting di coppia era molto cognitivo prima di avvicinarmi al modello EFT: agevolavo i partner a verbalizzare, a denominare le loro emozioni e di conseguenza i bisogni ad esse sottesi, ma avevo una grande difficoltà nello stimolarli ad esprimere e a sperimentare le emozioni con maggiore profondità nel setting per condividerle con l’altro. 

La potenza della EFT, secondo me, è che consente una esperienza emotiva-correttiva-riparativa che porta a creare dialoghi tra i partner più funzionali e sani, nel qui e ora della seduta, perché i partner si confrontano dal vivo, parlano dei loro dolori, delle loro difficoltà l’uno davanti all’altro.

A livello personale, questo approccio mi sta rendendo più consapevole delle mie emozioni, dei miei bisogni relazionali e anche dei cicli comunicativi disfunzionali che creo nella mia coppia insieme al mio partner nei momenti di stress; tutto questo, a livello professionale si sta traducendo con una maggiore capacità di ascolto empatico delle coppie che mi chiedono aiuto. L’empatia nelle sue varie declinazioni può essere sia cognitiva, ovvero una comprensione “concettuale” degli stati mentali degli altri, oppure affettiva che è la capacità di “condividere o simulare” dentro di sé lo stato d’animo altrui.  

Quando penso ai benefici che ho avuto nella mia vita nell’avvicinarmi a questo modello mi viene in mente un’immagine a me molto cara, soprattutto in questo ultimo anno della mia vita in cui ho ricevuto l’immenso dono della maternità: mi piace pensare al terapeuta EFT, come al  caregiver che cerca di osservare, riflettere, capire e dare senso alle emozioni del proprio/a bambino/a nei momenti di sconforto, di mancanza di fiducia e di sicurezza; tutti questi momenti possono incrementare il malessere psicofisico, il senso di solitudine e l’ansia negli esseri umani e possono indurli a mettere in atto le classiche reazioni di fuga o di attacco, tipiche delle situazioni stressanti.

Le parole dell’attaccamento, che si possono tradurre con l’espressione: “Io ci sono, sono qui vicino a te, non sei solo”, possono aiutare tutti gli individui a credere maggiormente in se stessi, a riporre maggiore fiducia negli altri e nella relazione e a vedere qualsiasi avversità, benché difficile, come affrontabile e risolvibile. 

foto Dott.ssa Mariachiara Mazzei

Dott.ssa Mariachiara Mazzei

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